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UNA VITA DIVERSA

TI TRADISCO DI VENERDI’

Il tradimento condiviso è il tema dominante de “La villa del venerdì”, opera di Alberto Moravia pubblicata nel 1990 poco prima della sua scomparsa.

E’ un romanzo a episodi (16 in tutto) dei quali il primo, che è anche il titolo del libro, e il secondo (“Il vassoio davanti alla porta”), sono trainanti del pensiero dell’autore sulladulterio, argomento già trattato, sia pure con sfaccettature diverse, in altri precedenti capolavori come  “L’amore coniugale” o “L’attenzione”.

Qui Moravia tratteggia con maestria le due facce dell’amore: quello fisico che è in sè sfuggente, effimero e inappagante, e quello ideale, puro e incontaminato che resiste al dolore e ai turbamenti tipici di relazioni affettive controverse e irrisolte, che come tali restano sospese in un punto indefinito della propria sfera personale senza mai arrivare a serena conclusione.

Il compromesso cui giunge Stefano, il protagonista de “La villa del venerdì”, è l’accettazione dell’adulterio della moglie che si perpetra e si consuma nei week-end per poi finire negli altri giorni nel nulla mnemonico, quasi a voler compensare le ricadute di una relazione instabile ma perfidamente attrattiva.

Tra Stefano e la moglie (Alina) è stato convenuto che ogni venerdì sera lei si recherà dall'amante e vi resterà fino alla domenica sera. Stefano ama appassionatamente la moglie e Alina afferma invariabilmente di amarlo. Ma ambedue si tradiscono a vicenda, con questa differenza, però, che Alina tradisce il marito perché gli piace ora un uomo e ora un altro; Stefano invece tradisce Alina perché Alina lo tradisce.

In questo passaggio c’è tutta l’essenza narrativa di Moravia: le proposizioni e le subordinate sono tra loro legate da un sillogismo acritico attraverso il quale l’assioma lessicale prevale sulla sostanza rendendo accettabile (e giustificabile) ciò che nella vita dei sentimenti sarebbe invece fortemente frustrante e repulsivo. L’adulterio è semplicemente l’occasione, il pretesto, l’evento di disturbo elevato all'ennesima potenza per dimostrare quanto nelle relazioni amorose sia proprio la sofferenza, il dolore del temuto distacco a rendere tollerabili anche le convivenze più tumultuose.

Percorso analogo ma con effetti diversi è compiuto da Gian Maria, il protagonista dell’episodio “Il vassoio davanti alla porta”, nel quale l’iniziazione sessuale del giovane è vissuta in maniera fortemente idealistica, quasi platonica. S’innamora di una signora matura conosciuta in un albergo di montagna, la quale accetta il suo corteggiamento pur non rinunciando all'adulterio, al tradimento sistematico con uomini occasionali, per di più tollerato e condiviso dal marito. In questa triade (marito, moglie e potenziale amante inerbe)  si sviluppa l’intera storia come nelle migliori tragedie classiche in cui la fatalità, ovvero l’accettazione ineluttabile del proprio destino, è l’elemento principe che le contraddistingue. Ma Gian Maria, che è arrivato in quell'albergo proprio per scrivere una tragedia, si accorge che il vezzo della donna di cui si è innamorato, la signora Burla, è molto meno nobile e tragico:

 La signora Burla pareva sempre più smarrita, pur sotto un’aria di ostentata e altezzosa disinvoltura: “Una tragedia?Oh che bello! La vita intera è una tragedia, no so altri, ma la mia di certo.” Alla fine parve decidersi, si avvicinò bruscamente alle spalle di Gian Maria e tese la mano da dietro ad accarezzargli il viso. La mano scese dalla fronte alla bocca, indugiò sulle labbra, poi continuò la carezza sul mento e sul collo, finalmente si insinuò sotto il lembo della giacca e prese a sbottonare i bottoni della camicia: “Tu non credi che la mia vita sia una tragedia, eppure lo è.”

Qualcuno bussa alla porta e tutto resta indefinito, sicché le avances della signora Burla restano contrapposte al suo desiderio di dare una svolta al proprio destino. Come il pendolo di un orologio perennemente in bilico tra una scelta di vita improntata sull'amore candido e puro, e quella fondata sulla congiunzione carnale, meccanica, occasionale e indifferenziata.

Il ritratto psicologico dei personaggi narrati da Moravia ne “La villa del venerdì”, è quanto di più reale e realistico si possa riscontrare nella vita di tutti i giorni. La bravura dello scrittore romano sta proprio in questa sapienza descrittiva di vicende collaudabili e comparabili come nelle migliori rappresentazioni popolari del nostro tempo.

Il tradimento di venerdì o di un qualsiasi altro giorno della nostra vita, è l’occasione, l’attimo che crea una spaccatura fra noi e gli affetti che ci appaiono cari e indissolubili, mentre vacillano nell'istante stesso in cui si allontanano. Poiché tutto passa e niente è per sempre!

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