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UNA VITA DIVERSA

IL MIO ROMANZO CRIMINALE

La realtà supera l’immaginazione. Non abbiamo bisogno di sognare per inseguire l’impossibile, perché tutto ciò che ci appare davanti ai nostri occhi è così mostruosamente vero che la fantasia si è trasformata in qualcosa di molto reale e tangibile. Un tempo gli scrittori e i poeti si affidavano alle muse per scrivere le loro storie o declamare i versi più sublimi, ora basta molto poco per mettere giù qualsiasi scritto senza fare troppi voli pindarici.

L’anima sociale si è così imbruttita che non c’è alcuna differenza tra il bene e il male. Gli ultimi fatti di attualità o di cronaca nera ne sono una testimonianza evidente: sacerdoti che giustificano la pedofilia come risposta “educativa” ai fanciulli soli e abbandonati, fidanzatini in preda a deliri di onnipotenza che ammazzano genitori e consanguinei in nome di un amore corrotto e “disaffettivo”, la strage di Parigi organizzata dai terroristi islamici, figli di un Dio preso a prestito dal fanatismo ideologico.

La paura del foglio bianco non c’è più. Basta raccontare la realtà per sprigionare fiumi di parole e abbattere come birilli gli argini di qualsiasi barriera etico-sociale.

E pensare che nella Grecia antica gli orrori della guerra venivano esorcizzati con racconti che esaltavano l’amor patrio, che ammonivano sull'importanza degli affetti filiali e della terra natia per indurre i guerrieri a deporre le armi e a desiderare il ritorno a casa. Omero, nella sua magistrale “Odissea”, racconta delle lacrime di Ulisse dopo aver ascoltato l’aedo Demodoco sul rapimento di Elena di Troia da lui stesso organizzato.

Senza andare troppo in là nel tempo, nelle celeberrime sceneggiate di Mario Merola si assisteva alla classica sfida tra il buono e il cattivo (‘o bbuono e‘o malamente), con il primo che riusciva sempre ad avere la meglio sul secondo a furor di popolo. Oggi una commedia del genere è a dir poco anacronistica e non suscita più lo stesso pathos nel pubblico.

Se si potesse riscrivere “I Promessi Sposi la storia sarebbe largamente capovolta: L’Innominato non si converte più al cristianesimo ma convince il cardinale Federico Borromeo a rendersi complice dei suoi misfatti. Il rapimento di Lucia viene portato a termine con la consegna della fanciulla nelle mani del perfido Don Rodrigo. La peste, infine, si abbatte solo sulla povera gente mettendo in salvo gli oppressori e i potenti.

Ci sono tutti gli ingredienti per scrivere un romanzo horror senza scomodare Agatha Christie o Alfred Hitchcock. Basta attingere dalla realtà di tutti i giorni i personaggi che si vogliono, le storie già preconfezionate per un finale da “brividi”.

Il telefono squilla. Lui alza la cornetta e ascolta il messaggio in codice. E’ visibilmente soddisfatto. Le informazioni che ha ricevuto provengono da persona influente nei palazzi che contano. Corre in stazione con la sua ventiquattrore, sale sul treno e si sistema nella carrozza 9, posto 2A lato finestrino. Sa che in quello stesso scompartimento c’è la persona di cui ha avuto poco prima le notizie che aspettava. Davanti a lui sono seduti una donna e un bambino dai riccioli d’oro, bello e candido come il sole di quel primo mattino. Lui non li degna nemmeno di uno sguardo. Appoggia la valigetta sulle ginocchia e dopo averla aperta con un clic estrae l’arma da fuoco …

L'incipit del mio romanzo criminale

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