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UNA VITA DIVERSA

LE PAROLE DEL MIO TEMPO

  
Chi di noi non ha avuto (e non ha) un sogno nel cassetto? Da ragazzino ne avevo tanti e tutti accomunati dallo stesso, identico desiderio di evadere da una realtà diversa dal mio modo di essere e di vivere la vita. Poi, crescendo, quei sogni, i miei sogni, li ho abbandonati tutti, uno a uno e ancora adesso faccio fatica a ricordarli se non fosse per le parole, le tante parole che ho scritto nelle mie canzoni.


Eh già! Tra tanti sogni, il più grande e irrealizzabile è stato quello di diventare un cantautore.

Eppure c’è stato un momento della mia vita in cui questo grande sogno sembrava potesse realizzarsi.

Agli inizi degli anni ’80 mi iscrissi alla SIAE (ossia, la società che tutela i diritti d’autore) ed ottenni, dopo aver superato apposito esame, prima la qualifica di paroliere e poi quella di compositore. In quegli anni conobbi un musicista di Milano, Salvatore Maniscalco, e con lui iniziai una collaborazione artistica per l’invio dei brani alla SIAE e a qualche casa discografica. Potevo inoltre contare sulla disponibilità e interessamento di mio fratello Pino, l’unica persona che aveva creduto nelle mie capacità artistiche. 

Formavamo un bel “terzetto” e nonostante i rispettivi impegni di lavoro e di studio trovavamo il modo per vederci, per provare le canzoni e per fantasticare un futuro pieno di soddisfazioni.

Ed invece arrivarono le prime“bocciature” e con esse le prime delusioni che si trasformarono ben presto in una inesorabile rassegnazione fino a spezzare, quasi sul nascere, il grande sogno di ripetere le gesta del celebre (ed inimitabile) duo Mogol-Battisti.

Posso dire, anche a distanza di molti anni, che il mio maggiore rammarico non è stato tanto di essermi svegliato, e per giunta molto presto, da un sogno mancato, quanto piuttosto di non avere più avuto nel prosieguo alcun interlocutore attento e interessato alle cose che scrivevo.

Le mie canzoni non sono mai nate “a tavolino”, ossia pensando ad una ipotetica quanto improbabile carriera artistica. Esse hanno rappresentato, piuttosto, l’espressione più autentica del mio modo di “sentire” la vita e di comunicare agli altri le mie emozioni.

Purtroppo, come ho detto poc'anzi, sono mancati gli interlocutori sicché tutta l’ondata emozionale che è scaturita dalla mia musica si è ritorta, come un boomerang contro me stesso.

E adesso sono rimaste le parole, quelle che ho ideato strimpellando la mia "cara" chitarra e che né il mio cuore e né il mio tempo hanno saputo o potuto cancellare.

Ho pensato così di raccogliere in questa opera i testi delle mie canzoni più significative, quelle che hanno caratterizzato in larga misura i miei vent'anni e che in qualche modo hanno segnato la mia storia condizionando le scelte che avrei fatto in futuro.

Nella cernita dei brani ho compiuto una sorta di viaggio a ritroso fermandomi in particolare agli anni 1979-1985 in cui si è maggiormente manifestata la mia creatività e a cui probabilmente ho riposto le migliori speranze di una vita diversa. Del resto è a vent'anni che si è più fantasiosi ed istintivi; è a quest’età che le proprie emozioni esplodono in maniera dirompente ed autentica.

Non è facile esprimere con le parole quello che si prova dentro, soprattutto quando, come nel mio caso, si ha molta difficoltà a far capire i propri sentimenti e il proprio stato d’animo. Diciamo che le tante parole che ho scritto hanno sopperito la mia reticenza nel parlare e nel relazionarmi con gli altri, rappresentando una sorta di serbatoio di pensieri che nella mia mente, attraverso la mia capacità di osservazione, andavo immagazzinando. 

Qualcuno, nel periodo che ho sopra menzionato, mi aveva definito un cantautore "intimista", ossia, una persona che attraverso le parole intendeva raccontare la propria vita interiore e le sue possibili trasformazioni.

Naturalmente, la presente raccolta non ha alcuna pretesa di spiegare il mio vissuto ma costituisce piuttosto una sorta di album di ricordi interiori, di flash che nella mia memoria sono apparsi in rapida successione. 

Ho scelto, non a caso, come brano conclusivo della raccolta Torniamo a casa, un testo del 1979 che ho riveduto e corretto. 

Il simbolismo di questa canzone (il ritorno a casa dopo una rivoluzione idealizzata e, per questo, fallita) probabilmente racchiude il significato di tutta l’opera: Le parole del mio tempo sono quelle che fotografano in gran parte un periodo della mia vita in cui ho fortemente sperato nel cambiamento. 

Alla fine sono cambiato io per cambiare le cose, poiché nessuna trasformazione, per quanto ambita, può effettivamente realizzarsi se non è sinceramente voluta da noi stessi, unici artefici del nostro essere.
                                                  
                                              Vittoriano Borrelli   

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